LETTERE PER LA PROSSIMA GENERAZIONE 2
Rabbino
Capo Lord Jonathan Sacks
Lettera no. 4: Alla ricerca della
felicitÃ
Caro Rav, ho letto la sua lettera a
Ruth, ma non capisco in che modo questo influirebbe sulla mia vita in modo effettivo?
Perché la mia vita futura dovrebbe essere diversa come conseguenza del modo in
cui gli ebrei hanno vissuto nel passato? Michael
MICHAEL, il tuo
viaggio nel vasto mondo del guadagno e della vita concreta sta per iniziare. Mentre
farai le tue scelte, ricordati di questo: Siamo grandi quanto sono grandi gli ideali che governano
le nostre vite. Abbiamo un'unica vita da vivere,
quindi conviene scegliere con cura. E gli ideali proposti dalla cultura contemporanea sono
veramente poco impegnativi – non tutti,
ma in gran parte.
Che strano mondo è questo – le
persone vengono giudicate a seconda di quanto guadagnano o di quanto possiedono,
i vestiti che portano, le macchine che guidano, le case in cui vivono e le
vacanze che fanno. Queste cose non sono insignificanti. Un grande rabbino, il
saggio del terzo secolo noto come Rav, disse: “Nel mondo a venire dovremo dare
spiegazioni per ogni legittimo piacere di cui ci siamo privati in questa vita”.
L’ebraismo è una religione, per quanto possibile, non-puritana.
Tuttavia, si tratta della carta
regalo che avvolge la vita, non della vita stessa. Nonostante abbia studiato filosofia
all’università , ho appreso le più profonde lezioni di filosofia durante i
funerali ebraici ai quali ho partecipato. In quei momenti guardiamo in faccia la
verità su ciò che rende la vita preziosa. Vediamo di sfuggita ciò che vivrÃ
dopo di noi, quello per cui gli altri si ricorderanno di noi, cosa abbiamo
fatto in questo breve arco di tempo che Dio mette a nostra disposizione.
Nessuno ha mai fatto un hesped, un discorso funebre, dicendo: “Che
uomo straordinario era il sig. X.. Guidava una Lamborghini, vestiva Armani, portava
un Patek-Philippe, aveva la villa a Cap Ferrat e un pied-Ã -terre a Mayfair. Era
un gigante. Non ne vedremo un altro come lui”. Sappiamo che un discorso simile
sarebbe una pazzia.
Permettetemi di svelarvi un
segreto. Ci sono buone ragioni per le quali il mondo vuole che noi viviamo le
nostre vite per motivi sbagliati. Se nessuno si preoccupasse dei vestiti che
porta, se di una macchina gli interessasse soltanto se questa lo porta dal
punto A al punto B, se si mangiasse cibo semplice che fa anche bene, se le
persone fossero più interessate a servire il prossimo invece di cercare di
essere serviti dagli altri, pagando tanto, gli economisti andrebbero in panico.
Saremmo più sani e più felici, ci
sarebbero meno invidia, competizione e conflitto e lavoreremmo meno duramente,
con meno stress e avremmo più tempo per goderci la vita. Forse per questa
ragione chi si occupa di pubblicità rimarrebbe senza lavoro, le richieste di
produzione avrebbero un crollo, gli uomini d’affari avvertirebbero il rischio
di recessione, i dettaglianti direbbero agli azionisti che si sono ridotti i
profitti il che comporterebbe una diminuzione dei dividendi. Quindi, per il
benessere materiale della maggioranza noi viviamo una vita infelice.
Da qualche parte nelle nostre anime,
Michael, dobbiamo creare spazio per la voce del buon senso che si disperde così
facilmente tra le email, gli sms e i tweet, il trambusto e l’implacabile
pressione che ci rende tutti schiavi e nel contempo ci dice che siamo la
generazione più fortunata che sia mai vissuta, essendo stati testimoni della
discesa di Steve Jobs dalla montagna, con in mano le due tavolette – dell’iPad
1 e l’iPad 2 – con su scritte le parole sacre da scaricare in meno di un minuto
e leggere in caratteri a tua scelta.
Dobbiamo creare spazio per ciò che
è davvero importante: i rapporti, il matrimonio, la famiglia, l’appartenenza a
una comunità , le celebrazioni, i ringraziamenti, il far parte di una tradizione
e della sua saggezza, di una fede e delle sue benedizioni, il donare agli altri
e condividere con loro le nostre gioie e i dolori.
Deve esserci spazio nella vita per
qualcosa di più grande di noi, più grande del tornaconto e più lungo del corso
di una vita. Ci sono momenti in cui dobbiamo permettere all’anima di cantare,
esprimere gratitudine e sapere che ciò che abbiamo è il dono di Dio. Questo è ciò che si ottiene vivendo da ebrei.
Le nostre vite si strutturano intorno alle cose che contano – le cose che sono
importanti, ma non urgenti e quindi tendiamo a trascurarle finché non è troppo
tardi. Non permettete che sia troppo tardi.
Perché, vedete, quello che l’ebraismo
ci mostra è come accogliere la vita con entrambe le braccia e farne una
benedizione. E’ ciò che distingue la felicità dal mero piacere, dando
significato ai nostri anni e ai nostri giorni.
Lettera no. 9: La dignità dello scopo
Che cosa Le fa credere che queste domande abbiano una risposta? Forse la
vita non ha significato. E’ ciò che pensava Epicuro, il filosofo greco. E’ ciò
che pensava Bertrand Russell. E’ quello che oggi pensano gli atei. L’universo esiste
e basta. Noi esistiamo e basta. Non vi è una ragione. Perché dovremmo credere diversamente? Michael
PERCHE’, Michael,
gli esseri umani fin da sempre innalzano lo sguardo, cercando di superare l’orizzonte
visibile. E’ ciò che ha spinto Colombo e Vasco de Gama a imbarcarsi per il
viaggio di scoperta.
E’ ciò che ha spinto Newton a
posare le fondamenta della scienza e Cartesio a stabilire il programma della
filosofia moderna.
Gli esseri umani – i veri esseri
umani che pensano – non sono mai soddisfatti della risposta “C’è e basta”. Perché esiste l’universo? Esiste e basta.
Perché siamo qui? Ci siamo e basta. Allora, come dovremmo vivere? Come
vogliamo. – Questo non è pensare, Michael. E’ la fine precoce del pensiero.
Niente ci suggerisce che l’universo
si sia rivelato dal nulla, inaspettatamente, 13.7 miliardi di anni fa, per
nessuna ragione e a caso.
Gli scienziati hanno dimostrato che
esso è sintonizzato per l’apparizione della vita in un modo quasi impossibilmente
sottile. L’intera struttura
dell’universo è determinata da sei costanti matematiche le quali non avrebbero
prodotto alcun universo se ci fosse stata soltanto una variazione di una
bilionesima o trilionesima parte. Se la forza di gravità fosse stata leggermente
diversa, per esempio, l’universo si sarebbe espanso oppure sarebbe imploso
precludendo la formazione delle stelle e dei pianeti.
Questo non dimostra che “In
principio Dio creò . . .”. Tuttavia, l’unica ipotesi alternativa che spiega
come siamo arrivati al mondo afferma che esiste un infinito numero di universi
paralleli ed è capitato che uno di questi – il nostro – fosse predisposto per
la vita. Secondo me, se è difficile
capire l’esistenza di un universo creato in modo spontaneo, allora è ancora più
difficile capire l’esistenza di infiniti universi che si sono accesi
spontaneamente.
Immaginati questo: esiste
un’infinità di universi e soltanto uno di questi ha i medesimi parametri del
nostro, il che lo predispone per la vita. All’interno di questo universo – il nostro
– ci sono cento bilioni di galassie e ognuna di queste contiene mediamente
cento bilioni di stelle, eppure la nostra è l’unica dove è apparsa la vita, per
quanto ne sappiamo. Soltanto una delle tre milioni di specie viventi finora
conosciute – l’Homo sapiens – è capace di pensare, essendo consapevole di se
stesso, ovvero sa porre la domanda “Perché?”. E soltanto se esiste una forma di
vita in grado di chiedere “Perché?”, nell’universo esiste qualcosa che è consapevole
dell’esistenza di un universo. Dovrei
supporre che tutto ciò sia accaduto per caso? Che sia semplicemente successo e
basta?
Non è così. L’ipotesi più semplice
ed elegante è quella introdotta nel mondo dall’ebraismo tanto tempo fa, che
dice che l’universo fu creato dal Dio dell’amore e del perdono, che ci ha
portati in vita in amore e perdono, ordinandoci di amare e di perdonare il
prossimo.
Allora, chi sono io? L’immagine di
Dio. Perché sono qui? Per santificare la vita. Come vivrò, allora? Secondo i
principi e le leggi che Dio ci ha insegnato.
L’universo non è ciò che credevano
i politeisti dell’antichità e che credono gli atei dei tempi nostri: uno
scontro di forze primarie alle quali non importa minimamente il fatto che noi
esistiamo. Noi e l’universo siamo qui perché Qualcuno lo ha voluto – Qualcuno
che ci solleva in piedi quando cadiamo, ci perdona quando falliamo, ci ha dato
quella libertà che distingue gli esseri umani da ogni altra forma di vita a noi
nota e che interviene per farci diventare Suoi soci nell’opera della creazione.
Questa è una credenza che salva la
vita dall’assenza di significato, dal nihilismo e dalla disperazione. E’ vero
che alcune persone credono sinceramente che la vita in generale non abbia
senso.
Hai menzionato alcuni nomi. Un altro
esempio è il mio relatore quando ero un dottorando, il fu Sir Bernard Williams
– una delle menti più brillanti che io abbia mai incontrato. E’ vero, non è
possibile risolvere questo disaccordo in qualsiasi modo, sia con delle prove
scientifiche sia con dimostrazioni logiche.
Ma è così per tutte le grandi
verità della vita. Non puoi dimostrare che sia meglio aver fiducia che essere
perennemente sospettosi, oppure che valga la pena correre il rischio di amare
e di impegnarsi in un matrimonio, o che abbia senso mettere al mondo dei figli,
o che dovremmo essere generosi e perdonare, o che la vita si dovrebbe basare
sull’altruismo piuttosto che sugli interessi personali e limitati.
Alcune persone sono impermeabili a
questi ideali, altri non trovano alcun significato nella vita salvo che nei
piaceri fugaci e nella certezza della morte. Ci sono persone che vivono senza
musica, senza senso dello humour e senza speranza. Sarai d’accordo, credo, che si
tratta di vite alquanto limitate e povere.
Lo storico Paul Johnson scrisse una
volta: “Nessun popolo ha mai insistito di più di quanto lo abbiano fatto gli
ebrei, che la storia abbia uno scopo e l’umanità un destino”. Gli ebrei, disse,
“sono proprio al centro del perenne sforzo di dare alla vita umana la dignità di
uno scopo”. Questa verità è il nocciolo della nostra fede.
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